NEBIDA (CI) – PORTO FLAVIA – Arrampicata Sportiva – Multipitch – Difficoltà 6a (5c obbl.) – Sviluppo 110 m – Esposizione Sud
Siamo al nostro primo giorno qui nel sud-ovest della Sardegna e decidiamo di visitare fin da subito uno dei luoghi più belli e proposti come simbolo dell’arrampicata in questa meravigliosa terra, ovvero la scogliera di Masua.
Come vie fattibili, avevamo adocchiato due o tre alternative, tra le quali l’Italia Liberata (che poi abbiamo scelto), Acciughe e Bottarga (che forse avremmo dovuto scegliere😁) o Le Grand Mammuth, tutte vie “propedeutiche” per iniziare a scalare da queste parti.
C’è da dire che in questo luogo l’arrampicata ha sempre richiesto almeno il 6b come grado minimo per le sue ascese, ma la richiodatura di alcuni itinerari ha permesso di avvicinare questi ultimi anche a climber meno “dotati”, come noi ad esempio🤪.
Per una disamina più completa sul grado vi rimandiamo al Giudizio in fondo all’articolo.
Qui ci teniamo a dire che l’ambiente e la qualità della roccia di questo luogo non ha prezzo e merita ASSOLUTAMENTE un giro di giostra, purché abbiate nel vostro bagaglio almeno il 6a obbligato per poter tentare una di queste ascese.
Si tratta di uno dei calcari più antichi d’Europa, fatto di gocce, rocce ruvidissime, a tratti taglienti e molto verticale.
Il tramonto da questa scogliera è impagabile, con la vista verso il Pan di Zucchero (lo scoglio isolato che vedrete al largo) e il sole che in inverno crea dei giochi di rosso incredibili (vedere foto in fondo all’articolo).
Una goduria totale, purtroppo un pochino selettiva sulle difficoltà dell’entry level, ma così è se vi pare!😅
Avvicinamento
Dall’ultimo parcheggio di Porto Flavia, raggiungibile tramite un tratto di strada sterrata, risalire a piedi fino alla strada sovrastante e proseguire per un centinaio di metri fino al bar di Zio Lello e all’ingresso del parco minerario (biglietteria).
Pochi metri prima si nota una traccia che sale tra le piante e che conduce al punto di divisione tra i paravalanghe permettendo di superarli (5 min).
Seguirli poi verso ovest per un breve tratto, poi risalire per un’altra traccia che in breve conduce alla falesia del Castello dell’Iride, segnata da un cartello.
Qui prendere un’altra traccia in mezza costa che passa tra gli arbusti e che nel giro di 3 minuti porta al punto di attacco dello sperone.
Presente una corda fissa un po’ logora che consente di portarsi all’attacco dell’evidente diedro.
Scritta nera alla base.
Circa 20 minuti in totale dal parcheggio.
Descrizione dei tiri
- 5c+/6a (30m) – Attaccare il bel diedro sfruttandone i due lati fino al suo termine (5c), quindi alzare molto i piedi (difficile!) e spostarsi sulla placca di destra uscendo sul pilastro (5c+/6a).
Per rocce più appoggiate salire un paio di metri, quindi attraversare a sinistra superando lo spigolo oltre il quale si trova la sosta. - 5b (25m) – Salire il pilastrino appoggiato sopra la sosta, stare a destra dell’albero e raggiungere un muro leggermente aggettante di un paio di metri, rimontabile più facilmente sfruttando il diedro, quindi per placca appoggiata ma delicata in diagonale sinistra puntando in direzione dello spigolo che si aggira sostando subito dopo.
- 5c (18m) – Si attacca la placca verticale a sinistra della sosta fino ad uscire a destra di un masso. Spostarsi quindi sullo spigolo di sinistra e rimontarlo in verticale con buone mani ma con passi atletici, quindi per terreno più appoggiato fino alla sosta.
Volendo è possibile salire anche al centro della placca tramite una fessura verticale (6a) piuttosto che puntare allo spigolo, arrivando nello stesso punto. - 5c+/6a (30m) – A sinistra della sosta si raggiunge la parete successiva e con due passi esposti in placca si entra nel camino che va risalito per intero sfruttando le mani al suo interno (a volte svase) e i piedi nella parte esterna. Spesso utili gli incastri.
Al termine del camino uscire a destra su piccolo ballatoio e affrontare un paio di passi in verticale parecchio impegnativi (secondo noi 6a, difficile alzare i piedi se si è corti, utile la spaccata) uscendo infine in sosta.
Qui termina l’Italia Liberata. Per chi come noi preferisse scendere a piedi invece che calarsi in doppia, si può proseguire facendo gli ultimi due tiri della via Le Grand Mammuth (Bruno Fonnesu, autunno 2012), la cui sosta si trova subito a monte e a sinistra rispetto all’arrivo dell’Italia Liberata.
- 5c (25m) – Raggiunta la sosta ufficiale, ci si sposta 1 m a sinistra fino ad uno spit. Salire la placca verticale su roccia tagliente e super lavorata fino ad una conchetta dove si piega in diagonale sinistra, si supera un ultimo muretto e si arriva in sosta, 2 m prima di uscire su terrazzone. In alternativa, è possibile fare sosta su albero dal terrazzo sovrastante (più comodo).
- 5c+/6a (25m) – dall’albero salire in verticale per placca o aiutandosi col gendarme di sinistra per poi rientrare in placca al secondo spit, quindi 2 passi chiave per superare una spanciatura (un po’ meno fisico stando a destra).
Quindi di nuovo in verticale affrontando poi un altro passo non banale qualche metro prima della sosta che si trova 1,5 m sotto l’uscita del pilastro.
Discesa
In doppia lungo la via oppure, terminati i tiri finali di Le Grand Mammuth, si risale il pendio seguendo alcuni ometti cercando di raggiungere il sentiero delle miniere che passa più in quota (e che è segnato da bolli).
Trovato il sentiero (vedere le foto per una mappa indicativa), lo si segue lungamente verso destra superando qualche tratto esposto e anche una scala di ferro che permette di scendere da un tratto roccioso.
Proseguire ancora nella stessa direzione fino ad incontrare una deviazione verso destra che scende più ripidamente e che riporta indietro in direzione della parete.
Si raggiunge quindi la falesia del Castello dell’Iride che si percorre seguendo le pareti fino a ritrovare la traccia dell’andata. Quindi a ritroso fino al parcheggio.
Giudizio
Sicuramente l’Italia Liberata non è tra le linee più belle che Masua possa proporre.
Però è una via ben chiodata, non troppo lunga (solo 4 tiri se non continuate su Mammuth) e che consente di godere l’esperienza di questo luogo anche a chi non è ancora del tutto preparato rispetto al grado medio richiesto da quest’area.
Come avrete capito, a noi non è sembrata affatto banale rispetto al grado proposto (da relazione 5c, 5a obbl.) e anzi… si è rivelata piuttosto continua e atletica, probabilmente leggermente sottovalutata da coloro che ne hanno determinato il grado finale, perché di certo più forti e poco avvezzi a dare valutazioni sul “facile”.
Alla fine però ne siamo usciti, e anche bene devo dire.
La chiodatura è sempre buona e sicura (i passi obbligati rimangono tali), la roccia va dal bello al meraviglioso in alcuni tratti e i passaggi, per quanto atletici, sono accessibili anche a chi ha un grado nominale leggermente inferiore.
Ad ogni modo non consiglieremmo questa via a nessuno che abbia meno del 6a e soprattutto fossi in voi non mi fiderei assolutamente del 5a obbligato.
Qua col 5a non sali, neanche bleffando. Date retta a dei brocchi😅.
5c obbligatorio è il minimo sindacale.
Per il resto vale sicuramente la pena di tentare in quanto le protezioni ci sono, le soste sono tutte già attrezzate con catena di collegamento e anello di calata e quindi al peggio si scende, senza troppi patemi.
Bastano 10 rinvii, una corda singola da 70 metri o due mezze da 50.
Friend, dadi e cordini in qualche punto potrebbero essere utilizzabili ma a nostro avviso con questa chiodatura sono abbastanza superflui.
Se volete cominciare con qualcosa di meno “cattivo”, consigliamo sicuramente le vie sul Monte Acqua a Domusnovas (placca a gocce appoggiata) o la fantastica scogliera di Pranu Sartu (roccia incredibilmente lavorata….ma bisogna calarsi dall’alto😅).
In ogni caso entrambi i luoghi sono meno atletici e più adatti a chi ha poco allenamento fisico.
Valutate voi.
Di certo Masua va vista e provata, anche solo in falesia.
E’ sicuramente uno dei posti più belli per un climber sul pianeta terra!!
Non fatevelo sfuggire per nessun motivo al mondo!!!😉
Disclaimer
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