Ecco un argomento sul quale in giro si notano gli approcci più disparati: l’alimentazione / nutrizione in alta quota.
C’è chi improvvisa (la maggior parte di noi), chi studia – ma senza un’adeguata preparazione diventa difficile districarsi nella tela di ragno delle varie teorie e scuole di pensiero – chi procede per tentativi ed errori. Tuttavia crediamo che a tutti sarà capitato di sentirsi molto bene oppure molto male durante un’ascensione e di provare a rintracciarne le cause in ciò che abbiamo mangiato o bevuto la settimana e la sera prima e/o il giorno stesso, a seconda di come siamo fatti e di come funziona – o crediamo funzioni – il nostro metabolismo.
Per questo abbiamo accolto con molto piacere l’invito a conoscere un po’ meglio l’argomento, che riguarda tutti, sportivi e non, ma che in questo volume viene approfondito proprio dal punto di vista dell’alta quota e – anche – della montagna.
Donatella Polvara, Alimentazione in ambiente estremo. L’alta quota e l’ambiente polare. ATS Giacomo Catalani Editore, 2018 scritto con il Patrocinio del Cai di Lecco.
Specifichiamo sin da subito che non abbiamo ancora avuto modo di leggere l’edizione completa ma solo degli estratti del volume, che però ci hanno molto incuriosito: interessante infatti è l’approccio non per forza volto unicamente agli “addetti ai lavori”, che mette a confronto tradizioni ed esperienze molto differenti, spaziando dalle consuetudini alimentari dei popoli abituati a vivere in condizioni estreme al vissuto di alcuni alpinisti e atleti moderni.
Siamo sicuri che dalla lettura possano emergere suggerimenti e spunti interessanti per tutti, soprattutto per chi come noi, pur non facendo nulla di particolarmente estremo, si trova sempre di fronte ai consueti dubbi amletici ogni volta che deve preparare le derrate alimentari per un trekking di più giorni: importante è infatti mediare tra il peso trasportabile, le caratteristiche degli alimenti e la loro maggiore o minore adeguatezza a quello che si dovrà affrontare.
Intanto abbiamo potuto rivolgere qualche domanda all’autrice, come sapete siamo curiosi come le scimmie!
- Abbiamo capito che a lei come a noi piace viaggiare, facendo tesoro di ogni esperienza e sapere antico.
C’è qualcosa che accomuna l’alimentazione dei popoli che vivono ad alta quota? Pensiamo alla Catena Himalayana, ma anche alle Ande, dove vivono genti con tradizioni alimentari e disponibilità di prodotti molto differenti. Esiste un approccio comune, o qualche abitudine radicata dal punto di vista della nutrizione?
I popoli che vivono in alta quota come gli sherpa conducono una alimentazione povera in grassi, ricca in proteine e cibi di facile digestione come il riso, le patate, il miglio.
Alimenti salutari, con un alto contenuto di vitamine ed antiossidanti. Utilizzano molto le spezie e il tè nero ricco in flavonoidi, anche il latte di yak ricco in sali minerali e ferro è un alimento che non manca nella loro alimentazione quotidiana, con il contenuto di tutti i principi nutrizionali validi per affrontare le condizioni estreme delle zone in cui vivono
- Lei ha seguito la preparazione di alcuni alpinisti e recordman in maniera immaginiamo estremamente personalizzata e puntuale, com’è giusto che sia.
Quanto può variare da persona a persona a seconda del sesso, dell’età, del metabolismo e delle caratteristiche personali “l’alimentazione giusta” per affrontare un determinato percorso sia esso sportivo o alpinistico? Esistono almeno alcune regole generali valide per tutti oppure ognuno è un pianeta a sé? (Glielo chiediamo perché noi siamo alpinisti della domenica… difficilmente avremo mai una nutrizionista personale!)
L’alimentazione in montagna varia notevolmente in funzione della risposta che si vuole ottenere dal proprio corpo. Dipende anche da come si vuole affrontare la salita se per una semplice escursione o in modo più competitivo perché impegnati in gara. Le richieste prestazionali sono diverse così anche l’alimentazione deve essere curata in modo specifico.
Le principali regole che si trovano nel libro sono state tratte dall’alimentazione degli sherpa:
-
Quando si affronta l’alta quota, ma anche quando si affrontano quote inferiori e si è poco allenati, la cosa più importante è portare dei cibi di facile assunzione e altamente digeribili. Carboidrati per esempio sottoforma di biscotti, pane, grissini, frutta essiccata, gallette; tutti cibi che vengono assimilati già a livello sublinguale, permettono una ripresa rapida ed immediata. Si deve curare bene l’idratazione con acqua con alto Residuo Fisso.
-
Evitare i cibi troppo grassi preferire la carne secca, carne in scatola, speck, formaggio grana, frutta secca, molto proteici.
-
Thermos con te o caffè caldo con zucchero e fruttosio, vitamine e sali minerali, portare sempre dei dadi per un brodo serale, e cibi che cuociano in breve tempo, creme di mais e tapioca, riso precotto, purè di patate liofilizzato.
-
Evitare l’alcool perché può peggiorare i disturbi dell’alta quota.
-
la birra va bene per il recupero dopo l’escursione così come le bibite zuccherate.
-
Il cacao è un ottimo antiossidante ricco di flavonoidi, utile in montagna, portare sempre nello zaino una tavoletta di cioccolato.
-
Provare sempre i cibi, barrette e integratori prima di partire per la scelta del gusto e della tolleranza. Per i bambini portare sempre del cibo e una bibita a loro gradito, perché hanno bisogno di integrare spesso e costantemente, in modo maggiore che negli adulti.
- Una domanda personale, se possiamo.
E’ cresciuta all’ombra del Resegone, sappiamo che anche lei va in montagna: qual’è l’avventura più “estrema” che le sia mai capitata nelle terre alte?
Sono nata ai piedi delle montagne, ho sempre avuto la passione per i trekking, i viaggi e l’esplorazione. Diventata nutrizionista ho unito queste passioni con il mio lavoro. Con la convinzione che l’alimentazione sia fondamentale, soprattutto quando si affrontano condizioni estreme come il freddo, il caldo, l’alta quota. In questo libro ho pensato di mettere a disposizione importanti consigli nutrizionali maturati durante i miei viaggi, come per esempio quella volta che ho affrontato con gli sci da fondo la Lapponia, con uno zaino sulle spalle e tanti chilometri da percorrere prima di arrivare ad un centro abitato. Faceva molto freddo, il termometro segnava -25 C° e trovai notevole conforto nel tè caldo arricchito con fruttosio, zenzero e un pizzico di sale da cucina.
Ricordo quella volta che nel Kerry a sud dell’ Irlanda affrontai il Monte Carrantuohill, una montagna di soli 1039 metri di dislivello ma molto selvaggia ed impervia, non esistono rifugi, e i sentieri non sono ben tracciati. In quell’occasione capii che per arrivare alla meta con le proprie forze, si deve calcolare bene i viveri e l’acqua da mettere nello zaino, soprattutto quando non ci sono punti di ristoro lungo il percorso e si è soli, lontani dal mondo abitato.
Ricordo ancora quella volta che percorsi in piena estate la via dei Monti Lariani, un trekking che mi vide impegnata per circa 60 chilometri. Faceva molto caldo e questa esperienza mi fece riflette sul fatto che l’idratazione costante è fondamentale per evitare che subentri la stanchezza fisica.
Disclaimer
Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.
Lascia un commento