Cresta Ginger alla Cima Giner: divertente cavalcata in Val Nambrone

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PARCHEGGIO RIFUGIO CORNISELLO (2.050 m.s.l.m.) – CIMA GINER (2.957 m) – Alpinismo – Difficoltà AD+ – Grado III+, 1 tiro max IV+/V – Dislivello 900 m circa – Sviluppo 7.1 km – Esposizione Sud

Quando si entra in Val Nambrone in macchina, la prima montagna che si vede dritta di fronte è proprio la Cima Giner con la sua cresta che sembra quella di un gallo.
Per anni l’abbiamo osservata e non sapevamo nemmeno dove si attaccasse e se fosse percorribile.

A toglierci il dubbio è stato ancora una volta il nostro amico e Guida Alpina Mario Taller, che dopo aver visto la nostra gita alla Cima Cornisello di quest’estate, ci ha chiesto: “ma l’avete fatta la cresta Ginger?!

Siamo caduti dal pero (anche giustamente, visto che la via è stata aperta solo nel settembre 2023!).

Gli apritori sono due giovani maestri di sci, Mattia Fedrizzi e Gianluca Trentini, il primo dei quali tra l’altro ha aiutato anni addietro Mario Taller ad aprire le ormai classiche Cresta dell’Oreste e Cresta di Nonna Anna.

Così abbiamo deciso di andare a ripetere anche questa via, aspettando il momento opportuno per il meteo e le problematiche di tutti noi comuni mortali 😀

Ha vinto il ponte dei morti del 2024, dove c’è stato un caldo eccezionale per la stagione ed un cielo terso che non si vedeva da mesi ormai! Si è rivelata una scelta azzeccatissima, in un ambiente da favola e che ci ha permesso di scoprire un altro lato della Val Nambrone a noi – e immaginiamo ai più – ancora ignoto.

La cresta risulta divertente e molto panoramica, protetta alla grande con spit in ogni punto necessario e con la possibilità (ovviamente) di integrare a piacere con friend e cordini (cosa che effettivamente si fa, soprattutto nella seconda parte).

Questa cima tra l’altro ha anche un interesse storico, che vi raccontiamo nel box qui sotto.
Per gli altri dettagli fate riferimento al giudizio!

Forse non tutti sanno che…
La Cima Giner nel 1956 fu scenario di un tragico accadimento: vi si schiantò disintegrandosi completamente un DC3, un aereo destinato al trasporto passeggeri della LAI, allora compagnia di bandiera italiana. Ma l’aspetto più assurdo della vicenda è che tale velivolo era – o avrebbe dovuto essere – sulla rotta da Roma a Milano: non si è mai scoperto il motivo per cui il pilota, un veterano, arrivò fino in queste remote valli del Trentino, dove si schiantò a causa di condizioni meteo avverse (allora non esisteva la scatola nera). Tale incidente agevolò – pare – l’assorbimento della LAI da parte di ALITALIA.
E quanto accadde è ancora un mistero.

Avvicinamento automobilistico

Si imbocca la strada della Val Nambrone che si trova all’altezza di uno stretto tornante tra i paesi di Pinzolo e Sant’Antonio di Mavignola, in Val Rendena.

La strada sale lievemente con varie curve e una stretta galleria fino al Rifugio Nambrone (fate un giro in quest’area se non ci siete mai stati!), oltre il quale, a seguito di alcuni prati, la strada si innalza sul lato sinistro della montagna, superando una sbarra che in tarda stagione a volte viene chiusa, quindi vi consigliamo di informarvi prima con il comune di Pinzolo.

Si risale per parecchi tornanti fino ad incontrare il bivio per il Rifugio Segantini che va ignorato e si procede in costa fino al primo grande parcheggio sotto al Rifugio Cornisello, dove si lascia la macchina.

Avvicinamento alla cresta

Si imbocca la strada sterrata poco a nord del parcheggio che conduce ai laghi di Cornisello.
Superati due ponticelli, proprio di fronte al secondo, fate attenzione ad alcuni ometti che segnalano un punto di salita piuttosto scomodo tra grossi massi ed erba, necessario a superare un primo risalto di circa 50-60 metri che porta a monte della prima bastionata.

Da qui si inizia a piegare in direzione Nord-Ovest per traccia non obbligata puntando all’evidente cresta che si trova proprio dritta di fronte in quella direzione.
Probabilmente incontrerete anche qualche ometto della via normale, che si possono seguire fino quasi sotto alla cresta.

Qui abbandonare gli ometti e puntare verso ovest fino alla base del punto in cui partono le rocce.
Ignorare il primo piccolo gendarme della cresta e salire per prati sul lato est fino a trovare una rampa erbosa in mezzo al secondo tratto roccioso che conduce alla targa di legno con la scritta “Cresta Ginger”, alla base dalla quale si preparano le cordate.

Noi ci abbiamo messo circa 1h e 15m dal parcheggio, considerando che in prossimità della cresta abbiamo sbagliato andando sul versante ovest alla ricerca dell’attacco.

La prima parte della cresta con il punto d'attacco
Il punto di attacco della cresta segnato con un puntino rosso e indicato dalla freccia

Descrizione della salita

Si attacca all’altezza della targa di legno, stando alla sua destra per poi seguire le rocce (sempre a destra) in modo da cercare di arrampicare il più possibile, anche se sul facile.
Questa prima parte è tutta sul I e II grado, con un tratto attorno al III a circa 3/4 dove si risale un breve spigolo. Troverete circa 4-5 spit e 2-3 cordoni nei primi 150 m di dislivello. Più che abbondanti per le difficoltà incontrate in questo tratto, ma utili per capire se si sta salendo lungo la traccia designata o meno.

A quota 2.600 m circa, la cresta si fa più sottile e piega in direzione Nord-Ovest regalando alcuni estetici passaggi con un po’ di esposizione ma con difficoltà sempre contenute, tra il I e il III grado massimo.

il bellissimo tratto esposto della seconda parte di cresta

Al termine del traverso in cresta, si scende per pochi metri con facile dis-arrampicata (presente spit) fino ad una prima forcella, oltre la quale la cresta riprende la direzione Nord con dei tratti abbattuti ma con una bella esposizione sul lato Est (evitabile ma divertente).

Si raggiunge in breve la cima di un torrione dove è possibile individuare uno spit che sarebbe utile per effettuare un’eventuale calata ma sul quale non era purtroppo presente una maglia rapida.
Avremmo voluto lasciarla noi, ma ne avevamo dietro una sola e non sapevamo cosa ci avrebbe atteso nella parte successiva, quindi l’abbiamo tenuta per istinto di conservazione…scusateci 😅.

Ad ogni modo da qui si scende anche dis-arrampicando, cosa che abbiamo fatto tutti e tre senza particolari difficoltà (si può in ogni caso far scendere i meno esperti facendogli sicura da monte tramite lo spit presente).

Si traversa quindi la seconda forcella con un breve tratto erboso che conduce alla base del torrione principale (tranquilli che quando ci arriverete lo riconoscerete🤪).
Giunti a questo punto è consigliabile cambiare assetto ed effettuare un paio di tiri di corda “normali”, in quanto le difficoltà del torrione saranno più continue.

Il torrione principale è ben riconoscibile
Il torrione principale è ben riconoscibile dalla sua forma slanciata

Salire dapprima una rampa appoggiata per poi infilarsi in un ombroso diedro attraverso il quale, stando a sinistra, si raggiunge in breve la sosta che si trova all’altezza di una piccola sella.
Su questo tiro le difficoltà stanno sul III-III+, per un passo un po’ più verticale.

Dopo c’è il tiro chiave, ovvero un traverso molto ben protetto a spit, ma che comunque se fatto con gli scarponi non risulta affatto banale: ci sono piedi piccolini che con le scarpette risulterebbero ovviamente ben più agevoli, ma che con gli scarponi lasciano il giusto brividino.

Gli apritori l’hanno gradato IV-. Noi onestamente ci sentiamo (di comune accordo, e siamo in 3, tutti comunque esperti) di dargli IV+/V-.
Questa è stata la nostra percezione.

Se lo percorrerete, poi ci direte la vostra (però con gli scarponi, altrimenti non vale! 🤪)
Ad ogni modo al termine del traverso – sempre in questo tiro – bisogna salire verticalmente per qualche metro.
Si può scegliere se stare a sinistra, sotto la sosta, con possibilità di integrare a friend in piccole fessure, oppure a destra, dove è presente un chiodo piantato a mano e poi si può traversare nuovamente a sinistra per terreno più facile. Vedete voi.

il delicato traverso del secondo tiro
Il delicato traverso del secondo tiro visto dall’altro

Giunti in sosta, ripristinare la conserva e salire una facile rampa fino ad un’altra sosta (piegando verso sinistra, faccia a monte, 15 m più sopra).
Arrivati a questo punto, salire l’ultimo risalto e raggiungere la cima del gendarme dal quale si traversa in cresta rimanendo alti (ci sono degli spit, anche se poco visibili all’inizio. Non bisogna scendere).

Dopo alcuni tratti di arrampicata arriverete in un punto esposto dove è evidente che non si possa fare altro che calarsi, difatti è presente uno spit con maglia rapida che consente di effettuare una singola calata da circa 15 metri che conduce alla terza forcella.

Da qui in avanti la cresta rimane più o meno costante sul II-III grado e bisogna sempre mantenere la linea sommitale, spostandosi al limite un paio di metri a destra o a sinistra quando si incontrano punti insormontabili direttamente rispetto al grado proposto. Sono presenti ometti per cercare di guidarvi verso la direzione più opportuna (ma non obbligatoria).

Scenderete (di poco) fino ad un’altra forcella (ogni forcella sembra offrire un’eventuale via di fuga verso la via Normale che si trova poco sotto, ma fate sempre attenzione al terreno nel caso decideste di uscire).

Da qui si vede finalmente il tratto finale, che sembra ancora lunghissimo ma che in realtà lo è molto meno di quanto appaia, per quanto l’arrampicata in questa seconda parte diventi decisamente più continua (e per fortuna!) rispetto all’inizio.

divertenti punti di arrampicata non sempre obbligatori
Divertenti tratti di arrampicata, non sempre obbligatori (questo ad esempio non lo è)

Seguite il facile, sempre, a meno che non vogliate giocare un po’.
Noi ad esempio in un paio di punti della parte terminale abbiamo scelto di salire dritti per dritti (no spit, no ometti), ma si capiva che da lì si arrivava comunque negli stessi punti del percorso “ufficiale”.

Per la verità io nella parte finale ho proprio perso i riferimenti e quindi sono salito sulla linea di cresta senza badare troppo alle indicazioni.
Qualche “fanculo” m’è arrivato dai soci subito dietro, ma in cima ci siamo arrivati lo stesso😁.

Ad ogni modo i margini di errore sono molto limitati perché ci si può spostare solo di qualche metro a destra o sinistra, quindi scegliete la vostra linea e salitela serenamente.
Non crediamo che cambi molto nell’insieme.

Superato l’ultimo risalto si arriva in vista della croce di vetta e si tira un sospiro di sollievo!
Ultimi facili metri e si raggiunge la croce, nuova nuova, appena portata su da un gruppo di tedeschi a quanto mi riferiscono le guide (difatti c’è la scritta Cima Giner, 2024).

la nostra cordata in vetta alla Cima Giner
la nostra cordata in vetta alla Cima Giner

Noi ci abbiamo messo circa 4 h e 45 m, con un paio di pause, senza correre e facendo un miliardo di foto.

La vista da lassù, se avrete la fortuna di arrivarci nelle condizioni meteo INCREDIBILI che sono capitate a noi, è davvero unica.
Gruppo dell’Adamello, gruppo della Presanella, gruppo del Brenta, tutte le cime del ghiacciaio dei Forni e più in lontananza il resto del mondo, tutto ben visibile nella giornata meravigliosa che abbiamo avuto la fortuna di scegliere.

I laghi di Cornisello, il lago Nero e il lago di Scarpacò sono lì sotto di noi, a farci sentire importanti.
Bellissimo. Vale decisamente un giro di giostra! Anche se… il ritorno… è spesso poco simpatico… 🤪

Breve video con commento di vetta e alcuni passi del tratto chiave

Discesa

Per la discesa si sfrutta la via normale che, almeno in alto, è sempre ben segnata ad ometti e bolli bianchi.
Nella prima parte bisogna scendere in un canalino detritico in direzione est per poi puntare ad un canale più grande, sempre di sfasci (attenzione), a ridosso della cresta che prosegue (tutto a sinistra, faccia a valle).

Giunti nella pietraia sottostante, seguire le evidenti indicazioni tra ometti e bolli puntando alla propria destra, seguendo le rocce e la conca fino al punto in cui si esce dalla valletta sottostante alla cima e si riprende la visuale verso la Val Nambrone (guarderete la vostra auto con molto desiderio durante la discesa! 😁).

Si segue un pendio che si allontana dalla destinazione fino ad arrivare ad un canalino dove si scende ripidamente verso valle e si ritorna in direzione della cresta di salita, fino a ricongiungersi con l’andata.

Quindi a ritroso fino al parcheggio.
Consigliabile fare la traccia GPS col telefono per non perdersi al ritorno, in quanto dalla quota di attacco della cresta fino al parcheggio la traccia è molto labile, poco segnata e sicuramente poco intuitiva. (tempo: circa 2 h e 30).

Giudizio

Cresta molto bella e divertente, interessante, sotto mille punti di vista.
La prima parte potrebbe essere fatta da slegati fino quasi al suo termine per risparmiare un po’ di tempo.
Ma se siete veloci non ci guadagnerete molto; quindi sfruttando la conserva, potrete giocare come abbiamo fatto noi anche sulle roccette facoltative senza correre rischi.

Il torrione principale regala una bella arrampicata, soprattutto nel secondo tiro che da solo vi lascerà sicuramente un bel ricordo.

Per quanto riguarda la vista, c’è poco da dire…..vi auguriamo la nostra stessa fortuna perché da lassù si vede TUTTO!!!

La cresta è molto ben attrezzata ma essendo parecchio lunga ci sono comunque dei punti dove è utile avere dietro qualche friend (medi e piccoli) e diversi cordini per proteggere la conserva (i friend possono essere utili anche sul tiro chiave).

Come corde, sono consigliabili due mezze da 30 metri che bastano in ogni situazione a risolvere i vari passaggi ed inoltre consentono di risparmiare sul peso.

L’esposizione è praticamente un sud pieno, cosa che ci ha permesso di trovarci a quasi 3.000 metri al 2 di novembre in maglietta (caso particolare, non consideratelo come standard!! 😛 ).
Il periodo migliore per percorrerla a nostro avviso è l’autunno, ma anche d’estate sicuramente si può fare se non soffrite troppo il caldo.

Ringraziamo nuovamente Mattia Fedrizzi e Gianluca Trentini per averci regalato questa bella linea e il nostro amico Mario Taller per avercela segnalata come possibile ripetizione.

Che dire… ci siamo divertiti un sacco!!!
E ci auguriamo che anche questa cresta possa diventare classica negli anni, restituendo smalto alla Val Nambrone – che per molti anni è stata considerata da molti il fanalino di coda della zona – nonostante nasconda scenari da favola e bellissime perle.

Enjoy!! 😉

Disclaimer

Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.

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