BELVEDERE DI VALMADRERA (LC) (280 m slm) – Via 50° CAI – VIA ALPINISTICA – max IV+ – 8 tiri – sviluppo della via 400 m circa, dislivello avvicinamento 600 m circa
Cercando qualcosa di non troppo ingaggiante ma al contempo “montagnoso”, ci siamo imbattuti in questa via di cresta: avendo già fatto la vicina cresta OSA (almeno quattro volte, trovate QUI una delle prime nostre salite… eravamo giovani!!!) e potendo immaginare ambiente e difficoltà ce la siamo presa comoda e siamo partiti con calma da Milano, a sole già alto. Essendo lunedì ci aspettavamo anche di essere da soli in via, cosa che in effetti si è verificata: anche sulla sempre affollata cresta OSA non c’erano scalatori, nè abbiamo incontrato escursionisti lungo i sentieri del Moregallo.
Ci hanno fatto compagnia solo i rumori del bosco, che si sta risvegliando dal letargo invernale con abbondanti fioriture di elleboro, violette, primule.
AVVICINAMENTO
Dall’inesistente parcheggio di Belvedere, sopra Valmadrera (trovare posto lungo la strada, dove è possibile), ci si incammina sulla mulattiera che prosegue verso la montagna, seguendo i segnavia 6 e 7. Dopo poco la mulattiera diventa un sentiero dapprima piuttosto largo e in falsopiano, per poi iniziare a salire più ripidamente nel bosco, fino a raggiungere la sorgente di Valmadrera (o fonte di Sambrosera), una fonte con tanto di tavolo e panche per riposare.
Da qui, sulla destra faccia a monte, si diparte il sentiero che sale erto verso la bocchetta da cui parte anche la Cresta OSA (c’è subito un cartello, al bivio, con indicata la Via 50° CAI). Non bisogna raggiungere la bocchetta ma fermarsi qualche decina di metri sotto l’attacco della Cresta OSA, dove c’è un altro cartello mezzo divelto che indica la nostra via: fatti pochi metri si nota una placchetta con una freccia blu che indica la partenza.
VIA
la relazione completa (che abbiamo seguito anche noi) la trovate su www.scuolaguidodallatorre.it, con alcune precisazioni:
tra il 5° e 6° tiro: superato l’intaglio, quindi una volta scesi con facile disarrampicata e risalito il pilastrino, ci si trova in una conca dove sono visibili tracce di sentiero che proseguono dritte e/o risalgono brevemente a sinistra; bisogna risalire a sinistra e rimontare successivamente su un pendio erboso che prosegue la cresta, e che una volta in cima svela la famosa “spaccatura verticale”, un corridoio largo un metro o meno circa, tra due pareti verticali, attraverso il quale si cammina. Questo è l’unico punto in cui abbiamo rischiato di perderci, per il resto la relazione è davvero esaustiva.
il 7° e l’8° tiro sono forse i più divertenti (e continui) della via: bisogna fare però estrema attenzione ai massi (definirle rocce sarebbe poco!) mobili e pericolosi che vi si trovano.
(noi vista l’ora tarda non abbiamo proseguito con gli ultimi tiri della OSA, ma una volta incrociata siamo scesi prendendo il sentiero sulla destra)
GIUDIZIO
Seppur non difficile dal punto di vista tecnico e anche molto proteggibile viste le innumerevoli clessidre e la roccia estremamente lavorata (servono soprattutto fettucce), la sconsigliamo a chi non abbia una minima esperienza di montagna: è una via tutta da proteggere, e anche da trovare con un buon intuito (dato che i chiodi sono solo dove servono, quindi sugli ultimi tiri).
La cosa che però la rende un po’ antipatica e meno plaisir di quello che potrebbe essere è che praticamente è semi-abbandonata e molto discontinua: in tanti tratti si percorrono rampe su erba insidiosa, alcuni passaggi sono letteralmente infestati dai rovi, spesso si trovano massi instabili sulla via che fanno paura. Un po’ di manutenzione sarebbe necessaria.
Di contro, oltre al superbo panorama sul lecchese che si gode da quassù, in ogni periodo della settimana e dell’anno immaginiamo sia meno frequentata della vicina e più facile cresta OSA: a voi la scelta!
Nelle foto ci sono i passaggi principali dei vari tiri
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