Annapurna Circuit Trek, parte I – Tropici d’alta quota

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Questa è la storia di un viaggio, perché tale si può definire questo trekking meraviglioso, che risalendo la valle del Marshyangdi, dal Distretto di Manang ci porterà fino al Thorong La Pass e successivamente giù nel Lower Mustang fino a Tatopani, dove finiremo in bellezza festeggiando il Capodanno 2018.La mappa dei trekking dell'Annapurna. Il nostro è quello marrone

Abbiamo macinato circa 185 km complessivi, con dislivelli giornalieri relativi che non hanno mai superato i 1.000 metri positivi. I paesaggi che si attraversano cambiano quasi di giorno in giorno, passando da zone quasi tropicali, ai pascoli alpini, alle pietraie d’alta montagna, al freddo deserto del Mustang, in un alternarsi di boschi, campi, frutteti, colori, odori che solo il ritmo lento del cammino può svelare nella loro varietà.

Nonostante il trekking sia facile per persone abituate a camminare in montagna, noi siamo stati felici di condividere questa esperienza con Ram e Kali, rispettivamente guida e portatore, ma anche amici e compagni di viaggio; grazie a loro abbiamo potuto toglierci dubbi e curiosità non solo sul percorso, sulla flora e sulla fauna, ma anche sul paese che ci ha ospitato, un po’ come sentirne il polso. Il Nepal è un paese relativamente piccolo, poco più di un terzo dell’Italia, ma con storia e tradizioni, religiose e filosofiche, assai complesse, profondamente differenti da quello a cui siamo abituati: l’occhio vede ciò che la mente conosce, e per noi è stato importante ampliare la visione attraverso quattro chiacchiere con persone del posto, ogni qual volta ve n’è stata la possibilità.

Un grazie immenso va anche al Nepal Planet Bhaktapur Hotel, a Francesco e Yam, che hanno pensato all’organizzazione generale (oltre ad averci ospitato alla fine del trekking!), trasferimenti, permessi ecc…, senza i quali avremmo sicuramente perso un sacco di tempo prezioso, tempo che in viaggio vale più del denaro, e combinato forse qualche pasticcio.

Mano a mano cercheremo di darvi anche qualche informazione utile nel caso vogliate cimentarvi in questo cammino: alla fine del racconto del primo giorno troverete cosa abbiamo portato – e cosa potevamo fare a meno di portare – nello zaino.

Dunque… che l’avventura abbia inizio!

 

DAY 1 – da Besishar a Ngadi: zaino in spalla, comincia il cammino

trasferimento in auto da Kathmandù – Besishar (760 mt) – Ngadi (930 mt)

Oggi sarà una giornata un po’ particolare, dato che il trasferimento da Kathmandù porterà via più di mezza giornata lasciandoci poche ore per camminare, ma è pur sempre l’inizio e da qui bisogna partire!

I chilometri che separano la capitale da Besishar non sono molti, circa 170, ma le condizioni delle strade e del traffico sono abbastanza allucinanti: file interminabili di camion variopinti recanti improbabili immagini di tutta la Trimurti arrancano in salita e in discesa lungo la main road che collega Kathmandu al resto del paese, sollevando nuvole di polvere (perchè la strada non sempre è asfaltata) e suonando allegramente il clacson ad ogni tentativo di sorpasso. Noi siamo fortunati e viaggiamo su un’auto privata, cosa che ci permetterà di accelerare un poco i tempi e di visitare lungo la strada il piccolo insediamento di Bandipur, un gioiellino di paese che è un po’ una piccola Svizzera nepalina.

Precedentemente sosta nella versione locale dei nostri autogrill, dove torniamo un po’ bambini sperimentando due modelli di “ping“, ovvero di altalene: una consiste in quattro altissimi pali di legno o bambù, infissi al suolo come si trattasse della struttura di un tepee indiano, dai quali penzolano lunghissime corde, mentre l’altra è un marchingegno più complesso tipo macchina di Leonardo, per il quale presumiamo ci vogliano almeno due persone.

Terza ed ultima sosta a Dumre, poco prima del crocevia per Besishar, per la pausa pranzo: capiremo presto che in Nepal con il cibo non si scherza, saltare i pasti è semplicemente inammissibile! Prima esperienza di Dal Bhat, praticamente il piatto nazionale, a base di riso e minestra di lenticchie, con verdure e mix di spezie varie più o meno piccanti. Tradizionalmente andrebbe mangiato con le mani, nello specifico con la mano destra, ma a noi occidentali fanno sempre la grazia di portare forchetta e cucchiaio.

Si riparte alla volta di Besishar, e una volta superato l’insediamento visto che siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia la jeep ci accompagnerà ancora per un pezzo di strada. Dopidichè zaino in spalla, primo check presso uno degli ACA (Annapurna Conservation Area) point* disseminati lungo il percorso, e primo ponte sospeso del trekking: alla fine ci verranno a noia tanti ne attraverseremo, ma, come si suol dire… il primo ponte tibetano non si scorda mai! Queste poche ore di cammino saranno prevalentemente su strada sterrata, la stessa che collega tutta la valle fino a Manang e sulla quale ci troveremo spesso a camminare, con radi passaggi di mezzi pubblici (corriere) e privati (jeep, trattori ecc); siamo ancora troppo vicini al margine della valle e dunque alla civiltà per apprezzare appieno le caratteristiche dell’ambiente, ma già riusciamo ad osservare qualche aquila che vola alta nel cielo (non potevamo immaginare a questo punto del viaggio che in Nepal le aquile sono come i gabbiani al mare… una ovvietà!)

Dopo poco più di due ore arriveremo a Ngadi, dove pernotteremo all’Holyday Trekker’s, uno dei tanti Lodge presenti lungo il percorso: sembra di stare in qualche paese tropicale, con fiori enormi e coloratissimi, zanzariera sul letto e tettoie di foglie secche; le temperature qui sono ancora piuttosto elevate, anche di notte non soffriremo il freddo, nonostante le stanze siano dei cubotti di lamiera ovviamente non coibentati.

A cena prima “lezione” sull’Induismo: cominciamo a familiarizzare con la famiglia di Shiva e tutti i simboli del signore blu (e iniziamo a chiederci come mai gli altri due, Vishnù e Brahma, siano meno considerati di lui!)

Domani per noi comincerà il trekking vero e proprio… non stiamo nella pelle!

*TIMS and ACAP: la Trekkers’ Information Management Systems (TIMS) è necessaria per ogni trekkers in Nepal, mentre l’ACAP riguarda nello specifico l’area protetta dell’Annapurna: i documenti debbono essere presentati nei vari punti di controllo lungo il circuito.

 

Cosa abbiamo portato – e cosa potevamo fare a meno di portare – nello zaino

Con il senno di poi possiamo affermare che, nonostante l’inverno, i nostri zaini avrebbero potuto pesare molto meno!!

Al portatore abbiamo dato gli scarponi pesanti (che non abbiamo mai calzato) e i ramponi (anch’essi rimasti fortunatamente nella loro custodia: non abbiamo voluto scommettere sulle condizioni del Thorong La Pass, preferendo portare un carico in più piuttosto che trovarci in difficoltà nei giorni successivi, e questa è una scelta che rifaremmo).

Nei nostri zaini sono rimasti circa 12-15 Kg di attrezzatura e cambio vestiti, che ci siamo volentieri tenuti sulle spalle anche per fare un po’ di allenamento, così composti:

  • borraccia per acqua (noi abbiamo bevuto acqua senza utilizzo di filtri o purificatori, se non la prima volta: non abbiamo avuto problemi, ma dipende dalla costituzione di ognuno e forse anche un po’ dalla fortuna!)
  • beauty case con deodorante (mai usato :)), shampoo secco (usato una volta), docciashampoo, sapone per la biancheria, forbici, uno specchietto, crema solare (il sole è forte anche d’inverno, dipende dal tipo di pelle che avete), burro cacao, pettine, amuchina, cerotti
  • medicinali per mal di testa, mal di pancia, febbre, dissenteria, fermenti lattici
  • salviette umidificate (indispensabili, perchè l’acqua calda è rarissima dunque saranno l’unica cosa con cui vorrete lavarvi) e carta igienica (nei bagni non si trova mai)
  • pile frontali (usate solo la mattina del Passo) con batterie di ricambio
  • caricabatterie telefoni e macchina fotografica e batterie solari d’emergenza (ma la corrente si trova sempre o quasi, al massimo è a pagamento)
  • reflex (volete veramente non avere uno strumento fotografico decente con voi?!)
  • occhiali da sole (fondamentali, anche per il vento che soffia perennemente in  Mustang)
  • sacco a pelo pesante (comfort per temperature negative)
  • cuscino gonfiabile (mai usato, nei lodge ci sono sempre i cuscini, oltre che coperte in più)

Abbigliamento:

  • guanti medi e pesanti / cappello (utili, spesso non è tanto il freddo il problema, ma il vento)
  • intimo/calze di ricambio: abbiamo portato più del necessario, considerando anche il fatto che avrete tempo per lavare i vostri indumenti e per farli asciugare
  • magliette first layer di diversa consistenza (come sopra)
  • 1 pile a testa
  • 2 paia di pantaloni a testa: un paio leggero e un paio pesante (utili entrambi)
  • calzamaglia in lana per la notte (utile)
  • windstopper impermeabile
  • piumino tarocco Nord Face comprato a Kathmandù (tarocco ma funzionalissimo!)

Cosa abbiamo dimenticato di portare:

  • carte da gioco
  • costume per hot spring

DAY 2 – da Ngadi a Jagat: rurale tropicale

Ngadi (930 mt) – Bahun Danda (1.398 mt) – Ghermu (1.240 mt) – Jagat (1.300 mt)

Prima di lasciare Ngadi ci facciamo spiegare come funziona un attrezzo che incontreremo da qui in avanti parecchie volte, una specie di padellone metallico (trattasi di un bollitore solare, orientabile), attacchiamo un adesivo di inmontagna.blog 😀 e… ovviamente facciamo colazione: primo assaggio di Tibetan Bread (prima della fine riusciremo a farci dare anche la ricetta!)

Lasciamo la strada carrabile per proseguire sul lato opposto della Valle, sempre risalendo il corso del Marshyangdi, lungo un comodo sentiero che si inerpica sino all’insediamento di Bahun Danda. Moltissimi bambini di tutte le età, con divise sempre immacolate, stanno percorrendo lo stesso sentiero per andare a scuola, uscendo alla spicciolata dalle casette che incontriamo lungo il percorso, facendo a gara a chi arriva prima; alcuni presumibilmente devono macinare parecchi chilometri a piedi ogni mattina, i più grandicelli accompagnano i più piccini con molta serietà (proprio come da noi, stesso entusiasmo :P)

In cima ci aspetta un ficus religiosa gigante, ne avevamo già incontrato uno enorme ieri a Bandipur e altri ne troveremo lungo il percorso: questo albero è sacro a Shiva, motivo per cui è spesso considerato ed usato esso stesso come un tempio, ma è anche lo stesso albero dove, secondo la tradizione, Buddha si fermò a meditare. In Nepal Induismo e Buddhismo convivono molto serenamente, scambiandosi divinità e luoghi di culto. Tuttavia addentrandoci nel Distretto di Manang noteremo che la popolazione è prevalentemente buddista, forse perchè in qualche modo ha subito l’influenza del vicino Tibet.

E a proposito di Manang, pur essendone ancora lontani, oggi varcheremo la prima porta con i tipici colori rosso, bianco e nero.

Il trekking si snoda tra colline terrazzate (terrazzamenti più irregolari rispetto a quelli italiani) bellissime, anche se questa è la stagione secca ed il riso è stato ovunque già raccolto; in compenso ci rendiamo conto che i grossi fiori rossi che vediamo ovunque, alti più di due metri… altro non sono che le nostre “stelle di Natale“, quelle che addobbano le nostre case in piccoli vasi e che qui sembrano geneticamente modificate! Ma andando avanti avremo modo di vedere altri ortaggi e frutti/fiori giganti: una cosa è certa, in Nepal frutta e verdura non mancano!

Pranziamo nel villaggetto di Ghermu, in una atmosfera sempre molto tropical, per poi ripartire alla volta di Jagat (ultimi chilometri su strada, dopo aver attraversato l’ennesimo ponte sospeso ed essere tornati sull’opposto versante) dove troveremo anche un gruppetto di scimmie giocherellone.

E’ giunta l’ora di assaggiare il liquore locale, il raksi, distillato in casa a partire dal riso? cereali? … non l’abbiamo capito, ma ricorda vagamente il saké (ed essendo fatto in casa può essere molto diverso di volta in volta); del resto avevamo già sperimentato la birra nepalese (la nostra personale classifica, in ordine decrescente: Gurkha, Nepal Ice, Everest)

 

DAY 3 – da Jagat a Dharapani: le alte vette all’orizzonte

Jagat (1.300 mt) – Tal (1.700 mt) – Dharapani (1.860)

Partiamo da Jagat non prima di aver lasciato un piccolo aiuto per l’acquisto dei computer necessari alla scuola locale: in Nepal i bambini sono moltissimi, e dalla loro istruzione dipende il futuro del paese.

Passiamo dalle Chyamche Falls per poi abbandonare nuovamente la sterrata e prendere il sentiero sul lato opposto… ove la cartina indica “fields of Marijuana”, zona che i nepalini, più poeticamente, chiamano Garden of Marijuana: sta di fatto che la Maria c’è, secca e arsa ma c’è!

Il sentiero sale, mostrandoci il corso del Marsyanhdi sempre più in basso, all’interno di una gola verdeggiante: a destra, sull’opposto versante, vediamo la valle del Myardi Khola, che ci dicono essere impervia e poco frequentata. Salendo ancora arriviamo infine in vista di Tal, un altopiano dove il fiume si allarga e la valle diventa ampia (“Tal” significa lago, anche se un vero e proprio lago non c’è).

È il momento della pausa pranzo… nell’attesa (qui il cibo é sempre cucinato al momento) scopriamo come si usa un “macinalenticchie“, un arnese di pietra apparentemente rudimentale ma efficace.

Si prosegue, risalendo il fiume, in un ambiente che anticipa il cambiamento da tropicale ad alpino, un po’ su sentiero e un po’ su sterrata, attraversando ponti sospesi su un fiume che è sempre più stretto tra le rocce, iniziando ad intravedere all’orizzonte le alte vette dell’Himalaya. Evitare la strada sterrata ove possibile ci sembra un’ottima idea: la vediamo inerpicarsi sul lato opposto della valle, percorsa da rare corriere e jeep in ambo i sensi, con ruote che toccano il ciglio di dirupi altissimi e palesemente pericolosi.
Un cane decide di farci compagnia (tipico del Nepal: i cani, randagi ma nutriti dalla popolazione, sono pacifici e amichevoli), ma non si azzarderà ad attraversare l’ultimo traballante ponte sospeso che ci separa da Dharapani.

La sera una bimba paffuta attenterà alle nostre cartine (per i fumatori: non sperate di trovare tabacco o rolling papers lungo il percorso!)

Il seguito lo trovate QUI (parte II), QUI (parte III) e QUI (parte IV e fine del trekking)

Disclaimer

Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.

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