Questo è uno dei luoghi che volevamo fortissimamente vedere: vedere, perchè arrampicarci la consideravamo una scommessa visto che qui è tutto, giustamente, super trad.
Te la devi sentire perchè di facile, per chi arrampica poco su granito, non c’è molto, considerando che se va bene ci sono solo le soste, e mica sempre, come scopriremo nostro malgrado.
Tuttavia… è una sezione di costa dalla bellezza unica: un altro mondo, un mondo a parte rispetto alle falesie di calcare a picco sul mare che ci sono poco più a sud o lungo la costa orientale sarda. Ma si potrebbe quasi dire, un mondo a parte in generale. Il granito qui costruisce forme morbide, senza spigoli, grossi solidi geometrici solcati da fessure nette che ricordano i quadri di Fontana… a noi ha richiamato alla memoria quanto abbiamo visto in Namibia, in un luogo particolare, lo Spitzkoppe (potete vedere tutte le foto qui). Non sappiamo cosa abbia prodotto un simile particolare risultato, ma se ne avete idea… scrivetecelo!
Camminare in un posto del genere, osservarlo da vicino e da lontano, perdersi nel dedalo di sculture naturali, esplorare le baie, sentire la roccia ha già il suo perché.
Ed è quello che alla fine abbiamo fatto: ad arrampicare ci abbiamo provato, ma forse abbiamo scelto male o forse siamo proprio delle superpippe (probabile) sta di fatto che più di qualche info generica… non riusciamo a darvi 😀 (ricordate la premessa… qui non si scala duro…). La guida Pietra di Luna rimane il punto di riferimento per chi volesse concentrarsi sulla scalata.
Segnaliamo inoltre l’esistenza di due nuove falesie pochi chilometri più a sud di Capo Pecora, attrezzate di recente da Maurizio Oviglia, Antonio Iaria e Tatjana Goex ovvero Mikado e Andromeda, queste però chiodate a spit.
Possono essere l’ideale per chi volesse prendere confidenza con questo tipo di roccia rimanendo però protetto. Si può trascorrere una giornata qui per esercitarsi e poi recarsi a Capo Pecora il giorno successivo per passare al trad! 😉
Avvicinamento
Il parcheggio di Capo Pecora è segnalato anche su google, e il capo è proprio quello che vedrete sporgersi sul mare di fronte a voi. Ma non fermatevi qui!
Dal parcheggio, verso nord, è subito reperibile un sentiero ben evidente che poi, proseguendo, si disperde in tante tracce più o meno equivalenti, passando a fianco ad una prima caletta. I sentierini, solcando la brughiera, si innalzano sulla costa e superano un primo risalto, oltre il quale sarà visibile Cala Is Tramatzus, ovvero la baia delle Uova di Dinosauro, alla quale si scenderà.
Da qui comincia la meraviglia vera, guardate la gallery.
Cose da vedere, cose da arrampicare
La baia delle Uova di Dinosauro è un posto dove milioni di anni fa i dinosauri deposero le loro uova, le quali subirono un processo di pietrificazione e sono ancor oggi visibili… SCHERZIAMO!
Le uova sono enormi sassi di granito, stondati e perfettamente levigati, che ricoprono la spiaggia suddetta. Se ci sono poche persone riuscirete a godervi questa distesa di “uova di pietra”.
Proseguendo oltre, si riprende un po’ di quota: cercate di non perdere di vista il filo della costa.
A circa 30 minuti di cammino dal parcheggio, vi troverete al cospetto di una serie di formazioni, interessanti da vedere e anche da arrampicare (fare riferimento alla guida Pietra di Luna Trad e Multipitches di Maurizio Oviglia).
Inutile ripeterlo, qui parliamo di granito: il chè è una figata, visto che può offrire un’alternativa al calcare, onnipresente. Un granito a grana grossa, molto abrasivo ma in alcuni casi bisogna fare attenzione perchè qualcosa si stacca.
Ci sono infinite formazioni e infinite possibilità; possibilità, verrebbe da pensare, anche inesplorate dato che bisogna proteggersi da soli e non resta traccia alcuna del passaggio dei climbers. Se va bene, c’è la catena in sosta o altro che permette la calata (ma non nel nostro primo tentativo…)
La formazione subito evidente e riconoscibile è il Big Ben, un pinnacolo di granito solitario prima della Baia delle Meduse, raggiungibile seguendo il sentiero alto verso nord, superandone il profilo, e scendendo poi nella sottostante caletta, a ritroso, tramite una traccia omettata con qualche passaggino delicato su roccia brutta (II grado). Il pinnacolo sembra solitario, ma è collegato alla costa.
Sul Big Ben ci sono una serie di vie, tra cui la “normale” ovvero “Signori si nasce” data intorno al 5b / 5c, tutta da proteggere. Per raggiungere l’attacco bisogna scendere alla caletta e girare attorno al Big Ben lato mare, e nel farlo si noterà di fronte un’altra torre più bassa e tozza separata dalla prima da una bella piscina naturale.
La torre più bassa e tozza è la Torre Straniera, dove ci sono un po’ di monotiri facili: volevamo tararci su questi, per prendere le misure e capire se andare oltre o meno… purtroppo, scopriremo, la sosta non era più presente (avremmo dovuto lasciare materiale nostro e inventarcene una, ma avevamo una sola maglia rapida e non si sa mai, errore di valutazione) quindi siamo scesi disarrampicando 😉 dal tiro più facile e tanti saluti.
Ma quanto fa diventare conservativi invecchiare… Super bagno però!
Intendiamoci, il granito qui è qualcosa di meraviglioso, e ci sono mille e uno modi per proteggersi: bisogna esserci abituati però. Anche rispetto al grado, conta molto la dimestichezza nello scalare solo con protezioni mobili, consideratelo. Noi l’abbiamo considerato e abbiamo fatto le nostre valutazioni.
Dunque risaliamo sulla scogliera dalla traccia dell’andata e ci spingiamo un poco verso nord, per cercare qualcosa su cui fare moulinette o anche banalmente per esplorare la zona. Forse la prima ipotesi è servita da scusa per la seconda!
Ci ritroviamo così in vista della baia successiva, la Baia delle Meduse, dove individuiamo l’attacco di “Soft Trad” (dato 4c, un tiro che per noi sarebbe stato papabile) già in ombra e la soprastante falesia del Regno di Onan, un’infilata di gendarmi non troppo alti, solcati da innumerevoli fessure, ancora al sole. Proviamo un monotiro (“C’è sempre da imparare” 5a) e non ci sembra affatto banale: strano, il nome è una garanzia! 😀 😀 😀
E così si fa sera, e ci tocca rientrare. Peccato, perchè questo posto è sicuramente pieno di meraviglie.
Che le si goda in verticale o camminando, in fondo, non fa molta differenza per noi: è stato un bellissimo assaggio di una parte di Sardegna che non conoscevamo.
Nella gallery qualche immagine che non rende giustizia al luogo (ma alle nostre prestazioni… sì 🙂 )
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