Parcheggio val Meluzzo, Rifugio Pordenone (PN) 1.249 m s.l.m. – Bivacco Perugini 2.060 m s.l.m. – Campanile di Val Montanaia 2.173 m s.l.m. Avvicinamento: disliv. 800 m circa, sviluppo 2,8 km circa. Via Normale D- V obbl., spesso IV e III, sviluppo via di arrampicata 250 m, disliv. 200 m – Esposizione S – O
Fino a qualche anno fa non conoscevamo nemmeno questo splendido pilastro.
Da lombardi, il Friuli risulta parecchio distante per le gite in giornata e nonostante ci fossimo detti più volte che dovevamo esplorare le Dolomiti Friulane, non si era mai presentata la giusta situazione.
Questa volta invece, tutti i pezzi sono andati perfettamente al loro posto, come per magia 😉
Nella nostra recente visita in Basilicata, infatti, abbiamo conosciuto Andrea – veneto, autore di Qui Montagna – e Luca – friulano, autore di Casa delle Parole – anch’essi appassionati di montagna, e dunque quale migliore occasione di un caldo ed assolato ponte di fine ottobre per raggiungerli nelle loro terre e andare a scoprire insieme i gioielli di quelle montagne che loro conoscono a menadito?!
Come prima tappa abbiamo scelto il Campanile di Val Montanaia perché rappresenta il simbolo di queste dolomiti. Una formazione unica nel suo genere: un pilastro imponente che si erge solitario in mezzo ad una vallata racchiusa dalla suggestiva bastionata degli Spalti di Toro e del Gruppo dei Monfalconi.
A guardarlo, le sue scoscese pareti calcaree sembrano inabbordabili, invece la via Normale è accessibile a tutti i climber di livello medio con buona esperienza alpinistica e con un grado di arrampicata in ambiente non troppo elevato, motivo per il quale sapevamo che sarebbe stato assolutamente alla nostra portata 🙂
Ne siamo usciti felici e vittoriosi, con anche la soddisfazione di aver accompagnato in vetta un amico per il quale questo campanile rappresentava un sogno di gioventù, finalmente concretizzato. Che si sa, a lasciarli nel cassetto i sogni fanno la muffa!
L’esperienza è stata impreziosita da un cielo terso per due giorni filati e da una splendida notte in bivacco in allegria, con tante persone e un falò che ci siamo sudati (la legna non è vicinissima!) ma che è valso ogni sforzo. Inutile dirlo, stellata meravigliosa.
Insomma, un successo a 360 gradi!!!
Storia del Campanile di Val Montanaia, l’urlo di pietra delle Dolomiti Friulane
Anche questa guglia, come molte altre sulle dolomiti, racconta una parte della storia dell’alpinismo e fu oggetto di contesa tra italiani ed austriaci: quale cordata sarebbe riuscita a salirlo per prima?! La stessa sorte toccò al Campanile Basso e in entrambi i casi furono gli austriaci a toccare per primi la cima… ma sempre grazie agli apripista italiani 😉
Come sempre le storie dell’alpinismo pionieristico nascondono dettagli divertenti e problemi di arrampicata da risolvere, problemi che portano spesso il nome degli apritori e che diventano in parete luoghi specifici da riconoscere, da toccare con mano.
Nel caso del Campanile di Val Montanaia, la prima cordata che raggiunse la vetta era composta da Victor Wolf von Glanvell e Karl Günter Freiherr von Saar (1902). Solo una decina di giorni prima però due triestini, Napoleone Cozzi e Alberto Zanutti, tentarono l’ascesa e si trovarono bloccati dopo aver superato la fessura che porta il nome di Cozzi stesso: ebbero l’idea di costruire un ometto nel punto che li aveva respinti, un ometto che gli austriaci videro dal basso e interpretarono come inequivocabile segno di un tentativo di scalata… La leggenda narra che le due cordate si incontrarono a valle, e dopo aver bevuto qualche cicchetto di troppo gli italiani raccontarono agli austriaci i dettagli del loro tentativo, questi ultimi non se lo fecero ripetere due volte, andarono su per lo stesso percorso e trovarono la soluzione aggirando sulla cengia la parete che aveva respinto Cozzi e Zanutti. Il camino del tiro successivo, l’unico altro punto “difficile” della parete, porta appunto il nome di Glanvell.
Nel caso del Campanile Basso furono Carlo Garbari, Antonio Tavernaro e Nino Pooli a dover desistere (1897), arrivati a quello che prenderà il nome di Terrazzino Garbari, a poche decine di metri dalla cima. Il buon Garbari lasciò un messaggio in bottiglia in cui augurava miglior fortuna ai successivi salitori, messaggio che fu trovato due anni dopo dalla cordata composta da Otto Ampferer e Karl Berger, la quale ebbe in effetti miglior fortuna ma solo al secondo tentativo: anche in questo caso l’ostacolo costituito dalla verticale parete che aveva fermato Pooli venne aggirato e ciò permise agli austriaci di raggiungere la vetta. Pooli successivamente riuscirà a scalarla quella parete… ma questa è un’altra storia, che troverete raccontata nel Podcast linkato sull’articolo del Campanile Basso.
Avvicinamento ed eventuale pernotto
Da Cimolais, imboccare la Val Cimoliana e seguire la strada con qualche raro tratto sterrato per una decina di km fino al Rifugio Pordenone (d’estate è probabile che sia interdetta e che vengano allestite delle navette), sotto al quale si parcheggia.
Imboccare quindi il sentiero CAI 353 che passa accanto al rifugio con indicazione Bivacco Perugini, che sale per alcuni tornanti in uno splendido bosco per poi uscire verso la pietraia che risale l’intera valle e che va seguita fino al suo termine.
In questa stagione abbiamo trovato anche un po’ d’acqua, ma ci dicono che d’estate è un miraggio, quindi attrezzatevi di conseguenza.
Ad un certo punto il Campanile appare all’orizzonte e sembra vicinissimo: in realtà il percorso è piuttosto lungo e ripido, soprattutto con gli zaini pesanti.
Nella parte terminale della pietraia si passa proprio accanto al campanile sul suo versante est e da qui è facilmente individuabile la traccia che porta all’attacco della via normale, segnalata da un ometto.
Chi come noi, venendo da lontano, decide di pernottare al Bivacco Perugini, deve proseguire per altri 100 m di dislivello circa fino alla consueta “scatoletta di latta rossa” 🙂 che si trova su una collinetta erbosa sul versante nord del campanile, a circa 15 minuti dall’attacco della via.
Il bivacco offre 9 posti letto, di cui 6 comodi. I 3 posti all’ultimo “piano” hanno uno spazio vitale minimo, ma per la nanna vanno comunque bene.
Attorno c’è anche spazio per piantare la tenda, oppure è possibile dormire all’addiaccio con il solo sacco a pelo e materassino se la temperatura esterna lo permette.
Considerate il fatto che è un posto molto frequentato, non solo dai climbers, e che quindi se proprio volete trovare posto in bivacco bisogna muoversi presto la mattina o andare in giornate non festive.
PS: già solo l’avvicinamento per chi non è abituato a camminare può essere considerata un’escursione remunerativa per la bellezza dei paesaggi! Qui le foto del percorso, a seguire la gallery della Via.
Descrizione della via
La via si sviluppa sulla parete sud per i primi 5 tiri per poi spostarsi sul versante ovest.
Raggiunto l’attacco (breve sentierino su ghiaione), si sale in diagonale sullo zoccolo roccioso (roccette di I grado per circa 30-40 metri) fino alla base di un evidente camino sotto al quale si trova la prima sosta.
Fino a qui, si può salire tranquillamente slegati ed attrezzare la cordata in questo punto.
- III-II (25m) – Si sale a destra del camino per rocce articolate per poi spostarsi a sinistra superando un ultimo balzello che conduce in breve alla sosta (2 cordoni su clessidra).
- IV-III (35m) – Ci si sposta circa 4-5 metri a sinistra della sosta fino ad un punto con roccia lavorata e delle chiazze bianche ben riconoscibili.
Si sale in verticale con un primo passo un po’ atletico (piccolo strapiombino) e poi più facilmente fino alla base di un camino dove si trova la sosta. - IV-II (40m) – Si entra nel camino che si risale per alcuni metri fino ad incontrare un golfaro. Ignorare la sosta alla sua sinistra (a meno di voler fare la variante della via Centrale) e piegare invece in diagonale destra seguendo dei facili risalti fino ad una cengia che conduce su un grosso ballatoio al limite dello spigolo est.
Salire per altri 5 metri fino alla sosta che si trova sulla parete di destra. - III-I (30m) – Salire uno dei due diedri alla sinistra della sosta (noi abbiamo scelto quello più lontano) che con facili balze porta ad una rampa ascendente verso sinistra (ovest), in parte camminabile, fino alla base della fessura Cozzi dove troverete la sosta (pulpito Cozzi).
- V-IV (7m) – Salire in verticale facendo attenzione al fatto che i piedi “a spalmo” sono tutti consumati. In compenso ci sono dei piedi netti, basta osservare prima di partire.
Consigliamo di stare all’esterno e di affrontare il passo in modo frontale, ignorando la fessura. In questo modo non si fa fatica e si sfruttano al meglio le lame per le mani.
Troverete due friend incastrati e nel breve una sosta fatta su due chiodi collegati da un anello metallico.
Il chiodo che vedrete sopra la vostra testa va ignorato, ma può essere usato eventualmente per proteggere meglio il secondo sul traverso successivo. - II (20m) – Si traversa verso sinistra su una piccola cengia esposta ma ben protetta sbucando in breve sul versante ovest del campanile.
Qui si continua sulla cengia fino ad una nicchia alla base di un diedro dove troverete la sosta (Camino Glanvell).
Consigliabile stare bassi con i piedi nel traverso per evitare le spanciature della montagna. - IV-III (40m) – Si sale con un primo passo strapiombante (V-) ma ben protetto da un chiodo esattamente sopra la sosta, poi sempre dritti con passi più semplici ma sprotetti (qui magari un friend o un dado ci stanno) fino ad atterrare sul grande terrazzo che si trova circa a 3/4 della via.
Per la sosta piegare qualche metro a sinistra. - III-II (40m) – Verticalmente sopra la sosta, si passa dentro una strettoia con molti sfasciumi (attenzione!!!) e poi sempre dritti per rocce più semplici fino alla sosta successiva. Questo e il tiro successivo si trovano sulla stessa linea delle calate, quindi non è inusuale, se c’è traffico, che le cordate in salita ed in discesa si sovrappongano.
- III-II (40m) – Sempre in verticale e in leggera diagonale destra fino alla sosta, che si trova a circa due metri dalla cima del campanile. Da qui volendo è possibile slegarsi (con le dovute attenzioni) e raggiungere in breve la campana di vetta per celebrare insieme ai propri compagni di cordata il successo della scalata.
E’ ovviamente presenta anche il libro di vetta su cui appuntare le proprie emozioni.
Discesa
Dalla cima del Campanile si ridiscende qualche metro fino all’ultima sosta utilizzata per la salita, dalla quale si allestiscono 2 calate fino a tornare alla grossa cengia a 3/4 della parete: essendo le due calate in comune con le linee di salita è necessario prestare molta molta attenzione a non smuovere sassi e sfasciumi, magari evitando di lanciare le corde!
Dalla grossa cengia ci si dirige a sinistra (faccia a monte) per una quarantina di metri verso il lato nord del campanile, dove si trovano i tre anelli collegati da un cordone della famosa Calata Piaz, circa 40 m in parte verticali in parte nel vuoto 😉
Dopo questa calata si prosegue per pochi metri sulla crestina in direzione nord (ometto) che porta all’ultimo salto, dentro una spaccatura dove ci si cala nel vuoto per altri 20 m. Guardando il campanile sulla sinistra si imbocca il canalino detritico che riporta alla base delle pareti e, dopo poco, all’attacco della via.
Giudizio
Si sa, guglie, campanili e pinnacoli non perdono mai il loro fascino, sono lì che aspettano d’essere saliti!
L’ambiente è superlativo, reso ancora più bello dai colori dell’autunno e il Campanile… beh, è una struttura incredibile, un monolite solitario, l'”urlo di pietra” delle Dolomiti Friulane, appunto. Esteticamente è di una bellezza rara, anche se più piccino del lontano cugino Campanile Basso (Dolomiti di Brenta), è diventato giustamente il simbolo di tutta la zona per le sue peculiarità.
Le soste sono comode, tranne quella alla base del Camino Glanvell, su anelli cementati che danno molta sicurezza.
Inaspettatamente, visto il numero di ripetizioni, la roccia è molto buona, anche se in alcuni tratti sono presenti sfasciumi; l’unico punto liso, dove si pattina, è la fessura Cozzi.
Vista la bellezza di questa guglia e la relativa facilità della via, vista anche la sua ragionevole lunghezza, va da sè che sia molto frequentata, cosa che non toglie nulla al fascino della salita: nel nostro caso, ovvero una calda giornata d’autunno durante il ponte dei morti, eravamo almeno in almeno 8-9 cordate …ma fortunatamente non ci siamo mai dati fastidio.
Se ne avrete occasione, magari fatela in giorni infrasettimanali per godere al massimo della libertà e della bellezza di questo ambiente fantastico!
Si ringrazia Andrea Qui Montagna per le belle foto!
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